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Sul mondo, con spaventosa virulenza, si è abbattuto un “cigno nero” di proporzioni immense. Impossibile, dunque, prevederne l’impatto. Ciò che è evidente è che il virus ha reso manifesti i problemi strutturali del nostro sistema economico e di un capitalismo che si è sempre di più finanziarizzato: i nodi vengono al pettine, impossibile tornare indietro.

Giulio Sapelli, con la consueta profondità di pensiero, prova a fare luce su questa drammatica crisi e sugli scenari futuri. La pandemia e la sua gestione sono il frutto amaro di una società e di un sistema economico globalizzato come pure di un arretramento della politica, dello Stato e dello spirito pubblico. Sapelli ricostruisce bene le ragioni e gli sbocchi di questo disgraziato stato di cose.

Ma tale sciagura, per l’autore, è anche una rara occasione di trasformazione. O meglio di Resurrezione. Il bene comune, così prezioso in questo momento, deve essere messo al centro della scena e devono soccombere i meri tornaconti sia privati sia nazionali. Il passaggio decisivo è la fine del dominio del mercato e il riconoscimento del lavoro come strumento principe per garantire equità sociale, benessere, sicurezza e giustizia.